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La soppressione del Patriarcato di Aquileia, Allegoria della soppressione del Patriarcato di Aquileia


Autore: Costanzi Placido

Tipologia: Dipinto

Tecnica: tela/pittura a olio

Dimensioni: cm 110 x 172

Periodo: 1751

Il 6 luglio 1751, a inevitabile conclusione delle aspre controversie tra la Santa Sede, l’Austria e Venezia, papa Benedetto XIV con la bolla "Iniuncta nobis", sopprimeva "in perpetuo" il Patriarcato di Aquileia. Erano passati 1500 anni da quando era stato “istituito nella persona del glorioso S. Ermacora. Così volle – commenta sconsolato il cronista udinese Lucrezio Palladio degli Olivi – la moderna politica dei principi per que’ fini loro particolari, a noi ignoti ma pure verificati”.Della soppressione del Patriarcato, e della conseguente istituzione delle due arcidiocesi di Gorizia e di Udine, resta una consistente documentazione anche nel mondo dell'arte: nell'occasione vennero coniate due medaglie, volute rispettivamente da Maria Teresa d'Austria e da Benedetto XIV: la prima nel 1751 ad opera del più apprezzato medaglista viennese, Matthaeus Donner, che ritrae nel recto i profili dell'imperatore d'Austria Francesco Stefano di Lorena e della consorte Maria Teresa e nel verso in una lunga scritta celebra la pace finalmente raggiunta tra Venezia e l'Austria; la seconda nel 1754, come medaglia annua del papa, il cui ritratto compare nel recto mentre nel verso due vescovi in paludamenti pontificali si danno la mano. Le scritte che li accompagnano, NOVO. ECCLESIARUM.FOEDERE. e TRANQUILLITAS RESTITUTA sono indicative del significato e del messaggio che alla medaglia - disegnata e coniata dal noto medaglista papale Otto Hamerani - volle conferire il Pontefice.L’evento fu di tale importanza, da diventare più volte oggetto di raffigurazione. Gorizia, ad esempio, conserva un singolare documento pittorico connesso alla soppressione del Patriarcato: è un dipinto, su tavola, (oggi di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia), che faceva parte degli stalli per i canonici collocati nel coro del duomo. Eseguito nel 1752 dal pittore goriziano Antonio Paroli, raffigura San Vito che benedice papa Benedetto XIV, il quale, in abiti pontificali, ha in mano una pergamena nella quale si legge: "BENEDICTUS XIV/BULLA/ERECTIONIS ARCHIEPISCO/PATUS, SEDIS ET CAPITULI/GORITIEN./ROMAE, ANNO 1752”. Nelle pareti della sacrestia del duomo di Udine, nel 1792, il pittore veneziano Pietro Antonio Novelli illustrò, in otto scene, i più significativi momenti della lunga vita del Patriarcato di Aquileia: nella prima scena San Pietro consacra S. Ermagora vescovo di Aquileia; nell’ultima la soppressione del patriarcato di Aquileia e l'istituzione degli arcivescovadi di Udine e di GoriziaIl più interessante ricordo dell’avvenimento è tuttavia dato dal dipinto che il cardinale Domenico Orsini d’Aragona commissionò al pittore romano Placido Costanzi per farne dono a papa Benedetto XIV.Il fatto è segnalato anche dal "Mercurio Francese" (stampato in Olanda) del 1751 in cui si scrive che il papa espresse il suo pieno gradimento per il dipinto ed ordinò che venisse collocato nella Galleria del Campidoglio. Per la realizzazione del dipinto, il Costanzi eseguì un accurato bozzetto, che pur nelle piccole dimensioni (33x52 cm) mantiene tutta la solennità dell’opera finita. Il cardinal Orsini lo tenne per sé, ma il bozzetto venne in seguito venduto per entrare poi (come opera del pittore Pompeo Batoni) nella ricca raccolta di Giacomo Carrara. Nell'Inventario dei quadri esistenti presso la Galleria del conte Giacomo Carrara, steso nel 1796 da Bartolomeo Borsetti, che per diciassette anni aveva servito il Carrara in qualità di restauratore, il dipinto figura al n° 80 ed è così descritto: "Istoriato ov'è figurato il Pontefice Papa Lambertini in atto di accordare le differenze fra casa d'Austria e la Serenissima Signoria di Venezia per il patriarcato d'Aquileia, quadro molto delicato, opera di Pompeo Batoni romano". Il bozzetto passò infine, per legato, all'Accademia Carrara di Bergamo dove tuttora si conserva. Anche il dipinto regalato a Benedetto XIV, dopo la morte del papa, finì, probabilmente per vendita, in mani private. E da un privato collezionista è stato di recente acquistato dalla Fondazione Crup.E' un'opera basilare per la comprensione dell’arte di Placido Costanzi, che diede vita ad una pittura religiosa di carattere classicheggiante, intensa sul piano poetico e corretta su quello esecutivo qualitativo. Non resta molto da aggiungere all'esauriente descrizione fornita dal Chracas, se non che all'estrema sinistra due paggi recano scudi in uno dei quali è dipinto il leone di San Marco, simbolo della Serenissima Repubblica, nell'altro l'aquila bicipite dell'Impero d'Austria. La percepibile preoccupazione di evidenziare i simboli e di portare all'immediata comprensione dell'evento storico e dei dati allegorici, priva, almeno in parte, il dipinto di immediatezza e di freschezza bloccando le figure in una fredda ufficialità. E tuttavia è di sicura presa la gradevole trattazione delle vesti dei personaggi femminili, l'uso di colori accesi ma ben modulati e stesi con una proprietà che non sempre è riconosciuta al Costanzi, il classicismo che sembra nobilitare alcuni volti. Assume una certa rilevanza l’inserto paesaggistico, che a sinistra mostra robuste costruzioni dietro la verde vegetazione, al centro l’azzurra distesa del mare.La scenografica impaginazione non lasciò indifferente il pittore Pompeo Batoni, che in parte la riprese nel 1757 nel dipinto celebrativo di un altro importante avvenimento, raffigurante Benedetto XIV che presenta l'enciclica "Ex omnibus" al conte di Choiseul ambasciatore di Luigi XV a Roma, eseguito anch'esso per commissione del cardinale Domenico Orsini che ne fece dono al Pontefice. Il quadro, che anche per le misure di poco superiori può essere considerato pendent di quello del Costanzi, si conserva al Minneapolis Institute of Arts.